Presentato al Bif&st 2021 il numero di «Bianco e nero» dedicato all’attrice irripetibile: Mariangela Melato

25 settembre 2021. Il primo giorno di Bif&st 2021.

La presentazione del numero 599 di «Bianco e nero» dedicato a Mariangela Melato – la prima pubblicazione con la copertina a colori, la foto di Pino Settani ritrae l’attrice con il suo pupazzo preferito – comincia con una sorpresa. Il pubblico non affolla il Teatro Petruzzelli come è sempre accaduto. Perché? È il Covid-19 che aleggia come un fantasma in una città che, stando ai dati, dovrebbe avere raggiunto l’immunità di comunità grazie alla campagna vaccinale? Dove sono i giovani e giovanissimi spettatori in questo sabato di fine settembre, al mare? Non ci stupirebbe, ma non è più tempo di tuffi e di abbronzature. Perché il pubblico non c’è? ci troviamo a pensare intonando la domanda come farebbe Mariangela Melato nei panni della Signora Raffaella Pavone Lanzetti rivolgendosi a Gennarino, pardon, al Signor Carunchio interpretato da Giancarlo Giannini in Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (Lina Wertmüller, 1974). Sarà mica perché quest’anno i botteghini s’è deciso di lasciarli chiusi e forse acquistare il biglietto senza il rapporto con il o la bigliettaia non solo, per i meno esperti, può complicare le cose, ma può anche contribuire alla disaffezione?

Ecco, non sappiamo spiegarcelo e ci auguriamo che sia solo questione di gite del fine settimana, fatto sta che degli studenti universitari che una volta riempivano con le loro allegre voci il Petruzzelli, non c’è che il ricordo. Eppure, prima della masterclass, è stato proiettato Caro Michele (Mario Monicelli, 1976) restaurato nel 2021 dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale a partire dal negativo scena originale 35mm messo a disposizione da RTI-Mediaset in collaborazione con Infiniti+. Un lavoro complesso e delicato come ha spiegato Sergio Bruno, che merita la nostra attenzione visto che il Cinema è cosa pubblica.

Sergio Bruno e Anna Melato

E Mariangela Melato aveva con il pubblico un rapporto empatico, immediato, lo ha ancora, proprio come se fosse qui e si potesse pensare di incontrarla a Teatro, lo ha detto in un videomessaggio con un sorriso dolente il critico e amico Maurizio Porro che ha curato il volume. Eppure, il pubblico non c’è. È finita un’epoca, forse. Sta finendo spazzata via dalla pandemia e dalla scelta allucinante, in un Paese che non ha bisogno di eroi ma di Poeti, di lasciare chiusi e senza prospettive i Teatri, i Cinema, i luoghi della Cultura. Perché allora, se restano chiusi o con numeri ancora contingentati e quindi insostenibili (e non serve essere capocomici per capirlo), dovrebbero essere considerati luoghi importanti, luoghi da vivere, da frequentare?

È finita un’epoca, viene da pensare guardando Felice Laudadio mentre sfoglia il numero di «Bianco e nero» e legge il suo editoriale dedicato a Mariangelina, come la chiama da sempre Gabriele Lavia. Scorriamo giusto alcuni nomi dell’indice di un volume accurato: Gian Maria Volonté (con lui è stata protagonista de La classe operaia va in paradiso di Elio Petri nel 1971), Giancarlo Giannini, Massimo Ranieri (Domenico Soriano con lei che ci ha regalato una versione inarrivabile e unica di Filumena Marturano recitata in italiano per la televisione, qui Ranieri è intervistato da David Grieco), Galatea Ranzi (altra attrice ronconiana), Lidia Ravera, Alessio Boni, Renzo Arbore.

Anna Melato e Felice Laudadio

“Mariangela è irripetibile” dirà poi Laudadio. Come non credergli: basta guardarsi intorno. Non esiste in Italia un’attrice (giovane o matura) che possa eguagliarla. Nessuna. Nessuna è come lei, nessuna potrà essere come lei: dove sono i registi, dove sono gli spazi, dove sono le idee, dov’è la fantasia, la forza brutale dell’intelligenza che crea, dov’è il coraggio di stare in scena come riusciva a starci lei, indomabile, mai addomesticabile, mai serva di un sistema spesso volgare e insulso, sempre curiosa, sempre in movimento, sempre viva e pronta a penetrare nelle opere come nei personaggi.

Nessuna è come lei.

Nessuna così generosa, nessuna così sensibile, con quell’istinto, quel cuore, quell’aura, quel carisma. Nessun’altra semplicemente Mariangela Melato.

È finita un’epoca, tocca ripetersi quando Alberto Crespi, che ha curato la maggior parte delle interviste del volume, evoca il suo primo incontro con lei alla stazione di Milano, alle due di notte per una intervista con Giuseppe Bertolucci: giravano Oggetti smarriti (1980), il protagonista maschile era Bruno Ganz. È finita un’epoca e questo lo denuncia già lei stessa nell’intervista raccolta da Felice Laudadio, pubblicata prima su «l’Unità» il 17 luglio 1978 e poi nel volume Ritratti e autoritratti (Rubettino, 2020).

Alberto Crespi

Penso semplicemente che occorra valorizzare il lavoro degli attori italiani, e ce ne sono tanti che sono bravissimi. Forse è anche per quest’indifferenza dei produttori verso i nostri attori che, se ci guardiamo intorno, ci accorgiamo che le “giovani leve” non crescono, e anzi non ci sono. Al massimo ci sono delle belle figliole: non basta per saper recitare. Ma non hanno alcuna colpa di ciò. Il guaio è che nessuno pare abbia intenzione di insegnargli come si fa. I nostri migliori attori “giovani” sono tutti intorno ai cinquat’anni, anche i nostri registi “giovani”. […] E da noi il deserto. Una volta usciti di scena gli attuali “grandi” (che poi sono quelli che lavorano permanentemente), chi rimane?

Le parole della Melato, «Bianco e nero», n. 599, p. 191

Ecco, chi rimane?

Non lo sappiamo, Mariangela, e siamo tutti un po’ smarriti, siamo tutti un po’ preoccupati anche se facciamo finta di niente e ci portiamo avanti, come dicevi tu. Certo è che quando questa mattina Anna Melato, la tua amata sorella, dopo avere ricordato, tra gli altri, l’incontro con Sergio Citti per Casotto (1977), ha raccontato del primo incontro di te zia con il tuo primo nipote appena nato, non abbiamo potuto fare a meno di pensare che siamo tutti quel bambino. “Io ti pago, ti pago se la prima cosa che dici è Mariangela!” gli promettesti prendendolo dalla culla.

Sergio Bruno, Anna Melato, Felice Laudadio, Alberto Crespi

Mariangela, tu sei il primo nome che ci viene sulle labbra quando pensiamo al Teatro e a come un’attrice (e anche una regista, una drammaturga, una donna di Teatro e di Cinema, una intellettuale) dovrebbe essere, prima di tutto come persona e quindi come donna e professionista, perché le due cose sono una cosa sola.

E non hai bisogno di pagarci, lo diciamo con sincerità. Diciamolo pure: ci viene naturale!

Sta finendo un’epoca, è già finita. Chi lo sa. Ma abbiamo solo due possibilità: o rassegnarci e vivere di ricordi mentre la Nave va, o salvare quel Giardino dei ciliegi dalla vendita. Tu l’avresti salvato, Mariangela.

ARTICOLO E FOTO DI IRENE GIANESELLI

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