
«Ma secondo te, mi si nota di più se vengo e sto in disparte o se non vengo per niente?» Felice Laudadio si prende il microfono ed introduce così, citando Ecce bombo (1978) di Nanni Moretti, l’arrivo di Fabio Ferzetti alla presentazione del suo volume “Pierfrancesco Favino. Collezionista di anime” (Cosmo Iannone Editore, 2020). Il critico, autore con Federico Pommier Vincelli, è un po’ in ritardo e in un Festival così organizzato anche cinque minuti possono sbilanciare ore di programmazione. Ma il pubblico è paziente, forse non avrebbe nemmeno notato questi minuti di sospensione: la sala del Teatro Margherita è occupata, come sempre, nei suoi 40 posti di capienza massima in tempi di Covid19, ci sono meno ventagli del solito, questa volta, perché le grandi finestre vetrate sono state lasciate aperte, entra la brezza salmastra a dare sollievo in questo agosto che sa cosa fare. L’ironia dei colleghi di Ferzetti e del direttore del Festival accende l’empatia: il pubblico ride con loro e si può continuare.

Enrico Magrelli, che dovrà poi essere all’Arena del Castello Svevo per presentare al pubblico A mano disarmata e Milena Mancini (la vincitrice del Premio Alida Valli come Miglior attrice non protagonista che è qui con il marito, l’attore Vinicio Marchioni, che la guarderà dalla prima fila con amorevole approvazione) ha già cominciato senza aspettare l’arrivo di Ferzetti, del quale svela anche una parentela acquisita con l’attore pugliese che sgrana i suoi occhi scuri in primo piano sulla copertina in bianco e nero. Svelerebbe anche il motivo per cui Favino si porta addosso il soprannome Picchio, ma non lo fa per lasciare al pubblico il gusto di scoprirlo leggendo il libro.

Magrelli introduce così i volumi del progetto Pagine di Molisecinema ispirato all’omonimo Festival diretto proprio dal co-curatore, Federico Pommier Vincelli. Il volume dedicato a Favino appartiene ad una collana in cui sono pubblicati anche “Elio Germano. Corpo, voce e istinto” e “Alice Rohrwacher. L’acrobata del cinema italiano”.

Tre attori, come sottolinea anche Marco Spagnoli dopo l’intervento di Magrelli, di cui due (Rohrwacher e proprio Favino) emersi dopo il diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia la prima, e la conclusione del percorso all’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” il secondo.
Spagnoli ribadisce l’importanza di questi momenti di riflessione sul lavoro degli attori: i produttori, specie per i ruoli maschili, tendono ad affidare sempre all’interprete più noto la parte, per garantirsi il pubblico in sala. Ma questo, inevitabilmente, non permette la crescita della realtà cinematografica italiana che ha necessità di volti nuovi, anche inediti, anche giovani, ma purché professionisti.

Interpreti professionisti e professionali come Favino: David Grieco poco prima aveva ribadito come l’attore pugliese, del quale ogni critico nel volume e in generale ha una propria idea, sia un attore che studia («come un vero secchione» fa eco Magrelli sorridendo) ma che riesce anche a “non portarsi il ruolo a casa”, come si dice di solito. Prerogativa, questa, di attori consapevoli che sanno scindere la propria intimità umana da quella dei personaggi.
È il turno dell’autore, lasciato per ultimo “in castigo per il ritardo” (anche qui, il pubblico capisce il gioco e sorride complice). Ferzetti prende in mano il volume, lo sfoglia, ringrazia e si scusa ancora con i colleghi critici e giornalisti.

Poi tira un fiato e sorride, riprende il discorso produttivo per cui gli attori che riescono ad emergere nel nostro cinema sono sempre meno, discorso accennato da Spagnoli, e prosegue: «La vera ragione per la quale mi interessava scrivere su Favino, l’ho capita lavorando al libro – spiega – perché Favino possiede due qualità straordinarie. Ha una capacità mimetica speciale e ha una memoria portentosa. Ho rivisto le sue imitazioni di Tina Pica, Aldo Fabrizi e Pupella Maggio al Festival La Valigia dell’Attore, a La Maddalena, quando sul palco ha ritirato il Premio Volonté e il pubblico era stupito ed entusiasta. Mi ha fatto pensare al talento di Jim Carrey. Avere una memoria portentosa è fondamentale, i giovani attori devono saperlo: il Cinema ha oggi 125 anni e chi nasce in questo momento storico ha a disposizione un archivio digitale che contiene il passato. Favino è un attore che studia, in questo senso, proprio perché conosce e approfondisce il lavoro degli interpreti che lo hanno preceduto».

Anche questo incontro conferma la vocazione del Bif&st: parlare ai giovani, istruire il suo pubblico provocando domande, curiosità e anche mostrando il backstage dei rapporti umani tra i professionisti dello spettacolo. Il Cinema crea parentele, amicizie, simpatie ed antipatie ed è una esperienza totale proprio perché lo si fa tra persone: ogni persona è portatrice di un valore per la collettività, anzi, per dirla ancora con Scola, per la platea.
E la platea, questo possiamo aggiungerlo noi, somiglia davvero ad una classe di studenti che sta imparando a conoscere gli altri compagni di studi e di gioco e al momento è un po’ disorientata, perché maestri non ce ne sono e tutto intorno ci sono altre classi con i banchi vuoti, che somigliano a quelle morte di Kantor ma che di poetico hanno ben poco.

Tra gli studenti c’è quello che verrà additato come secchione, c’è quello bravo che si applica ma non prenderà mai la sufficienza e c’è quello che è bravo ma non si applica proprio perché è un po’ disamorato: il raccomandato accanto a lui non studia e prende sempre dieci. Prima o poi, questi scolari disciplinati e indisciplinati, taciturni e chiassosi, riusciranno ad affrontare il grande compito in classe che li attende. Il ritorno alla vita in comune e, forse, questo compito si potrà affrontare solo collezionando anime. Cercandole e ascoltandole, con cura.