1992-2022. “Caro Giovanni Falcone,” la lettera di Lorena Ladisa: dobbiamo fare qualcosa

“Le Università per la legalità” è un bando della Fondazione Falcone giunto alla V Edizione nel 2021. L’Università degli Studi di Bari vi partecipa per la prima volta quest’anno con il progetto “Possiamo sempre fare qualcosa: itinerari didattici per la legalità” a cura di Irene Gianeselli (dottoranda in Scienze delle Relazioni Umane) con il coordinamento scientifico di Loredana Perla (docente di Pedagogia Generale). “Caro Giovanni Falcone,” è la prima fase del progetto che coinvolge alcune studentesse del corso di Scienze dell’Educazione e della Formazione.

Palermo/Bari, maggio 2022

A Giovanni Falcone,
a Francesca Morvillo,
a Vito Schifani,
a Rocco Dicillo,
a Antonio Montinaro,
e alle 1031 vittime di mafia (contando a partire dal 1961)

Caro Giovanni,
ti scrivo queste pochissime righe da Palermo. Sono arrivata qui, per la prima volta, il giorno del trentesimo anniversario della tua scomparsa. Sono una ragazza di 26 anni, vivo e studio a Bari e amo viaggiare. Da tutti i viaggi porto sempre a casa qualcosa: un souvenir del luogo in cui ho trascorso qualche giorno, il sorriso della gente che abita le città che visito, il profumo del cibo, la lingua…

Da questo brevissimo viaggio nella tua terra e nella tua città porto con me la consapevolezza che la mafia esiste ancora. Nel 2022 possiamo riconoscerla e, a volte, proprio toccarla. Non lo vorremmo, ma non possiamo fare finta di nulla, voltarci dall’altra parte. Per questo porto con me da Palermo anche le tue parole: “Possiamo sempre fare qualcosa”.

Il mio sogno è diventare un’educatrice perché attraverso questa professione vorrei provare a “fare qualcosa”. Vorrei provare, seppur nel mio piccolo, a cambiare il mondo. Può sembrare una frase fatta, già preconfezionata, ma so che la mia realtà è diversa, so che posso, a piccoli passi, “fare qualcosa” affinché le cose cambino, affinché ciascuno di noi smetta di essere solo spettatore passivo di questa vita e diventi “educ-attore attivo” su questo “palcoscenico”.
Sì, perché ognuno di noi è portato ad essere un educatore a prescindere dalla professione, lo siamo tutti i giorni con i nostri pari, con i figli, i fratelli e i genitori, con chiunque ci passi davanti. Dovrebbe essere il motto di ciascuna persona sulla terra “educarsi ed educare alla gentilezza, alla libertà e alla giustizia”.

Per questo vorrei ringraziarti, caro Giovanni, per avere insegnato al mondo intero il significato della lotta per la giustizia e la libertà di essere cittadini onesti. Non basta vivere in un paese libero, non basta scegliere la propria carriera e costruire la propria vita quando si è oppressi dalla mafia che ha interessi così grandi ed è ancora tra noi, fintamente nascosta.
Sono giorni che penso e mi chiedo cosa io posso fare davvero, non solo a parole, per far sì che il vostro lavoro, per il quale avete dovuto sacrificarvi, non sia stato vano.


Rivedo gli slogan scritti sui lenzuoli bianchi a Palermo il 23 maggio: “Capaci di cambiare”, “Non li avete uccisi, le loro idee camminano sulle nostre gambe”. Mi sono rimaste in mente anche le parole di Giuseppe Costanza, l’autista sopravvissuto all’attentato del 23 maggio 1992, e mi convinco sempre più che tutti noi non solo “possiamo”, ma “dobbiamo” fare qualcosa. “Noi non siamo sudditi. Siamo cittadini. Inutile che noi stiamo ad aspettare che altri facciano qualcosa per noi. Lo dobbiamo fare noi. Noi siamo quelli attivi” così dice Costanza nell’intervista. Ecco, credo che il modo migliore per fare qualcosa sia iniziare a conoscere la vostra storia e raccontarla alla mia e alle future generazioni affinché ciascuno conosca ciò che è stato e ciò che è, per impegnarsi poi a cambiare: non devono essere mai più pochi e soli quelli che lottano per la legalità.

Vi sono grata per il vostro impegno,
vi ricordo con affetto e stima,

LORENA LADISA*

*Le fotografie del 23 maggio 2022 sono di Lorena Ladisa

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