27 gennaio 2022: L’orologio di papà e altri ricordi di Daniel Vogelmann

Alcuni ricordi si fissano nella memoria, altri svaniscono. Quelli che rimangono sono spesso marginali, ma sono anche le tessere con cui è forse possibile fare un bilancio della propria vita o quantomeno ripercorrerla. Con i suoi ricordi, raccontati poeticamente, Daniel Vogelmann condivide con il lettore una visione compassionevole dell’esistenza con L’orologio di papà e altri ricordi in uscita il 27 gennaio 2022. Qui noi pubblichiamo due ricordi: è il nostro modo per non dimenticare.

Daniel Vogelmann, nato a Firenze nel 1948, esordisce negli anni ’70 come poeta, pubblicando alcuni volumi di liriche, tra cui Fondamentale (1972). Nel 1980 fonda la casa editrice La Giuntina, la cui prima pubblicazione nella collana «Schulim Vogelmann», dedicata alla memoria del padre, fu La notte del premio Nobel Elie Wiesel (tradotta dallo stesso Vogelmann) a cui negli anni si sono aggiunti circa 1000 titoli sulla cultura ebraica. Tra le sue pubblicazioni Piccola autobiografia di mio padre, Le mie migliori barzellette ebraicheDalla parte di Giona (e del ricino)L’orologio di papà e altri ricordi

La sua storia e quella della Casa Editrice Giuntina si appartengono. La Casa Editrice Giuntina è nata come settore editoriale dell’antica Tipografia Giuntina, fondata a Firenze nel 1909 da un ebreo polacco, il celebre libraio antiquario ed editore Leo S. Olschki, che, da buon umanista, scelse per la sua tipografia un nome caro alla tradizione tipografica fiorentina: una giuntina è infatti una delle tante pregevoli edizioni dei famosi tipografi-editori Giunta (o Giunti), attivi a Firenze, Venezia e Lione fra i secoli XV e XVII – basti qui ricordare l’edizione del Decameron del 1527, detta appunto ventisettana, o l’edizione delle Vite del Vasari del 1568.

Nel 1922, tredici anni dopo la fondazione della Tipografia Giuntina, approdò a Firenze (via Vienna e Gerusalemme) un altro ebreo polacco: Schulim Vogelmann. Suo fratello, il rabbino Mordechai Vogelmann, insegnava allora Talmud nel Collegio rabbinico fiorentino e invitò il ventenne Schulim a raggiungerlo. Il problema, per Schulim, era quello di trovare un lavoro che gli permettesse di osservare il Sabato, cosa non facile a quei tempi. Fu così che si presentò al “correligionario” Olschki, che prima lo assunse come compositore a mano e poi, nel 1928, lo nominò direttore della tipografia, giusto in tempo per accogliere il famoso scrittore David Herbert Lawrence che, su consiglio dell’amico libraio Pino Orioli, scelse la Giuntina per stampare a sue spese la prima edizione del celeberrimo e per quei tempi scandalosissimo Lady Chatterley’s Lover.

Dopo qualche anno, Schulim sposò Anna Disegni, figlia del rabbino di Torino Dario Disegni, e nel 1935 la coppia festeggiò la nascita di una bella bambina: Sissel (che in yiddish vuol dire dolce). Anni sereni, dunque, che furono però brevi: nel 1938 vennero promulgate le infami leggi razziali fasciste e l’8 settembre 1943 i tedeschi invasero l’Italia. Schulim, Anna e Sissel cercarono di fuggire in Svizzera, ma al confine furono arrestati dalla polizia repubblichina e poi spediti ad Auschwitz. La mamma e la bambina furono subito eliminate nelle camere a gas, Schulim fu immesso nel campo, e diventò il numero 173484. E fra le tante, più o meno imperscrutabili, ragioni grazie alle quali riuscì a sopravvivere ci fu senz’altro quella di essere un tipografo, utile quindi allo sforzo bellico tedesco (stampò sterline false). Solo recentemente è stato scoperto che era l’unico italiano a far parte della famosa lista di Schindler.

Schulim tornò poi a Firenze e trovò ad aspettarlo solo la fedele Tipografia Giuntina, a cui si dedicò anima e corpo. Infine ne divenne proprietario e trovò anche la forza di risposarsi, con Albana Mondolfi, vedova di Raffaello Passigli e madre di un bambino di otto anni, Guidobaldo. Da questa unione, nel 1948, nasce Daniel Vogelmann.

L’orologio di papà

Perché ad Auschwitz,

oltre alla fame, il freddo e la fatica,

mio padre soffriva di non avere l’orologio,

una volta tornato e fatti un po’ di soldi

si comprò un bel Patek Philippe,

che poi mi lasciò in eredità,

e che io pensavo di lasciare a mio figlio.

Ma un giorno me l’hanno rubato.

Per cui a mio figlio gli lascerò questa

                                                           poesia –

che nessuno gli ruberà.

Fontamara

Mio padre parlava pochissimo della sua vita ad Auschwitz, ma un giorno, mentre io stavo leggendo un libro di Ignazio Silone, mi stupì dicendomi improvvisamente che un certo Horn, un suo compagno di prigionia austriaco, gli aveva chiesto se avesse letto Fontamara. Allora mi vennero in mente Primo Levi e Pikolo in Se questo è un uomo: anche Horn e mio padre cercavano disperatamente di restare umani.

ARTICOLO DI DANIEL VOGELMANN

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