La Torre di Chia che Pier Paolo Pasolini acquistò nel 1970 (ma ne era stato conquistato già nel 1963, quando scelse di girarvi delle scene de Il vangelo secondo Matteo) è stata messa in vendita il 1 settembre 2020 (almeno stando a questo annuncio). Qui Pasolini scrisse parte delle sue Lettere luterane e Petrolio prima di essere assassinato all’Idroscalo di Ostia il 2 novembre del 1975. L’editore di Polytropon Magazine, l’Associazione Felici Molti sostiene la proposta dell’attore e autore Maurizio Donadoni assieme alla sua Associazione APERTA (fondata con Francesca Della Monica): poiché questo è un luogo, un territorio, che è memoria storica di uno dei più grandi Poeti del Novecento, perché questo bene culturale rimanga tutelato, perché possa diventare uno spazio condiviso di studio e di ricerca, si raccolgono donazioni per acquistarlo. Una chiamata alle Arti che Polytropon Magazine diffonde a gran voce pur di preservare un bene che dovrebbe essere patrimonio comune, fruibile dal pubblico e tutelato dagli Enti Ministeriali preposti.
Dopo il nostro articolo, La Repubblica si è occupata del caso: https://roma.repubblica.it/cronaca/2020/11/08/news/soriano_del_cimino_la_torre_che_fu_di_pasolini_finisce_in_vendita_troppe_spese_il_sindaco_potrebbe_diventare_un_museo_-273587347/
Per confrontarci e condividere il progetto: aperta.associazione@gmail.com e felicimolti@gmail.com

Vendesi casale, ottimo stato, nel comune di Soriano nel Cimino:
185 metri quadri (1385 commerciali), tre piani, cinque locali,
due camere da letto, doppi bagni, a vista la cucina.
Posti auto dieci (esterni), ben ristrutturato, infissi in legno,
riscaldamento autonomo a metano immobile garantito,
anno di costruzione 1972, efficienza energetica 175 (kilowattora),
dati certificabili, completa documentazione, con dependance
cinquanta metri quadri e sotto, una cantina, terreno dodicimila,
vedasi mappa e planimetria libero subito ottocento mila, vendesi casale…
… ma il casale è la Torre di Chia.
La torre di Viterbo, Pier Paolo
quella che non riuscivi a comprare
nel paesaggio più bello del mondo
dove l’Ariosto – dicevi – sarebbe impazzito
e dove, circondato da strumenti antichi
volevi ritirarti per comporre musica,
(da mezz’ala che gioca con l’antipatia
come come giocava a pallone,
da “stukas” in picchiata verso rete
e la stanza da vecchio ragazzo a “Ciasarse”
dipinta a strisce come maglia del Bologna)
bestia da stilo, o da lettera ventidue.
Vendesi casale, ultima dimora del poeta,
dopo il breve sentiero che conduce
all’alta torre che la proprietà delimita,
indice piantato nel triangolo di cielo
in cui trasumanando, disorganizzando
piange la sua gomma l’occhio assente d’un dio.
Vendesi casale, segue descrizione
ma non di descrizioni, né scritti corsari
di quanti metri quadri, quanti livelli,
burocrazie d’accatastamento
e dichiarazioni al genio civile, il tutto
garantito di piena disponibilità
libero d’ogni vincolo tassa o gravame
Vendesi casale molto luminoso,
luce d’un sogno, d’una cosa,
ultima stazione di via crucis,
casa murata di Holan,
sull’ isola di Kampa, a Praga
prima di Jan Palach e Jan Zaijc…
…ah, ci vorrebbe l’urlo della Magnani,
qui, l’assoluto di certe occhiate,
quelle sue ciocche scarmigliate
le asciutte lacrime di sale
per tutta quella luce,
per cui vivesti e per te viviamo
per quel che ne rimane.
Vendesi casale, povera, umile cosa,
un profilo controluce, come di penna
nel calamaio d’un piccolo sprofondo
da cavalcavia di superstrada
tra Orte e Viterbo, levigato d’acque
tanto buone da battezzarci Cristo;
che quando lo sfiori verso l’autostrada
ti vien da salutarlo sempre
e lui che nella fretta d’automezzi
muto, ma sempre, ti risponde.
Punto esclamativo,
di pietra scura,
su cui merli sbreccati
indugia qualche corvo
ìlare alla sua maniera,
segno ineludibile
d’una grandezza antica
sacra scommessa
d’una forza del passato:
rudere d’intenti
sia pur dimenticato:
continuare ad essere
lo stesso a piombo
e perpendicolo, aereo, sereno,
ortogonale al corpo di fabbrica
solido, largo, del tutto terreno.
Ah vorrei non andarmene,
non lasciarti nella sera,
abbandonata alla notte
che consola e dispera,
pagherei il tuo riscatto
anche domattina
gli ottocentomila
metterei tutti in fila,
ad evitarti caparre
e visite d’agenzia,
ma confusa è l’ora
che si vive perduti
cosa sperare se non
che qualcuno t’aiuti
ti lasci libera e selvatica
te stessa nella pratica;
forse noi tutti insieme,
nostro comune bene:
torre dei nostri cuori
torre dei mille amori,
torre fusa nel ciel
torre del bel donzel,
torre amata di Chia
torre anima mia.

ARTICOLO DI MAURIZIO DONADONI
La foto in copertina è © Dino Pedriali