Soy Cubano: il viaggio a Cuba di Gianni Cataldi

In un mattino di novembre, accompagnata da un cielo terso e da un piacevole alito di vento, Cuba si è svegliata in un sentimento di mestizia mista a orgoglio, di consapevolezza di aver fatto parte di un’eccezione della storia che oggi perde il suo artefice principale. È impossibile non essere colpiti dall’orgoglio che traspare in tutte le persone con cui ho parlato. Un orgoglio che non è affatto appoggio incondizionato alle politiche della Cuba rivoluzionaria, e tuttavia è figlio di un rispetto grandissimo per un uomo che ha cambiato la storia di un continente.

Nel 1958 Ernesto Che Guevara ottiene una vittoria strategica a Santa Clara contro il dittatore Batista che è costretto a cedere il potere ai ribelli rivoluzionari.

Nel 1959 Fidel Castro viene accolto all’Avana come un eroe. Il suo governo vara una storica riforma agraria, nazionalizza diverse proprietà americane a Cuba. Mentre gli USA dispongono l’embargo sullo zucchero cubano, Castro vende zucchero ai russi.

Nel 1991 col crollo dell’Unione Sovietica Cuba è costretta ad affrontare una grave crisi che Castro ironicamente definisce “Il Periodo Especial”.

Vengono razionati tutti generi di consumo e seguono tre anni terribili. Ancora oggi molti aspetti delle vicende politiche di quegli anni segnano la vita quotidiana a Cuba.

In tempi più recenti, dopo ulteriori restrizioni da parte del governo Bush, mentre il presidente americano Obama aveva annunciato una politica di disgelo con Cuba, il successivo governo Trump ha riconfermato le restrizioni.

Cuba ha oggi una popolazione di 11 milioni di abitanti che vivono in una realtà difficile: sono in molti a doversi barcamenare alla meglio per assicurare ai propri figli latte in polvere a sufficienza, un gabinetto con lo scarico e un balcone che non crolli.

L’Avana è il teatro degli avvenimenti che hanno segnato la storia del Paese. Nella storia della città si è prodotta una stratificazione di cui sono testimoni i colori: ocra, pastello, cobalto, verde oliva si alternano e si sovrappongono sulle facciate dei palazzi senza che l’uno sia preponderante sull’altro, tutti democraticamente corrosi dalla salsedine e dall’incuria.

In questa cornice si muovono migliaia di corpi, una rassegna di personaggi dalle caratteristiche più disparate: la loro indole e i loro tratti fisici sono il risultato di mescolanze di etnie europee, indigene e africane. Il loro carattere e i loro lavori raccontano di una storia che li ha visti schiavi, combattenti, navigatori, borghesi, rivoluzionari speranzosi, rivoluzionari disillusi. Mi muovo tra degrado, desolazione e sogni infranti, ma nei loro occhi leggo il coraggio di andare avanti e una grande dignità.

Dedico questo lavoro al popolo cubano, che ha subìto un assurdo embargo.

Ringrazio coloro che mi hanno ospitato nelle loro case raccontandomi le loro storie, che spero essere riuscito a trasformare in immagini con la stessa intensità e le stesse emozioni con cui le ho vissute.

A Cuba ho riso, ballato, pianto, in poche parole ho vissuto.

ARTICOLO E FOTO DI GIANNI CATALDI

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