Il peccato – Il furore di Michelangelo. La canaglia divina

Adriano di Nuzzo (1996) da Roma è il vincitore della sezione recensione Under 35 del III Premio Internazionale di Critica Cinematografica Vito Attolini 2022 con “Il peccato – Il furore di Michelangelo. La canaglia divina” per il tema “La storia nel cinema”

Pecore, cani feroci e galline in centro città tra mille rifiuti, rumori, escrementi gettati a caso dalle finestre. Il peccato (2019) di Končalovskij ritrae la dura realtà storica del Rinascimento con una verosimiglianza oggi forse raramente cercata così a fondo. È un’opera umile nel senso letterale del termine: legata cioè all’humus, alle terre rocce montagne che non fanno neutralmente da sfondo ai personaggi, ma anzi li animano, formano e deformano nel lento scorrere degli anni.

Partono dal 1512, di preciso, quelli narrati dal film su un Michelangelo in crisi, eroso dall’ansia di mancare la perfezione, di dover sfamare la sua famiglia. Scisso tra la sottomissione all’odiata famiglia Medici, presto imperante a Roma, e l’antica parola data ai più deboli rivali Della Rovere che chiedono l’esclusiva dei suoi lavori. Non il Michelangelo astratto, insomma, serenamente celebrato dalla cultura mainstream, ma neanche il vero Michelangelo di una filosofia della storia dei grandi artisti – semplicemente un uomo còlto in un momento critico della sua vita, di fronte a problemi quotidiani e universali al contempo come altri prima o dopo di lui.

Un giovane adulto quindi consumato dal suo tempo, portato al doppio gioco dalla cupidigia e dall’orgoglio di primeggiare su Leonardo o Raffaello. Tradisce così ogni committente come la fiducia del compagno Sansovino, a cui scippa un incarico dei Medici, tra continui scatti d’ira, gelosia, superbia. Tutti peccati infernali che frenano di fatto il lavoro di Michelangelo (fino a togliergli il bel marmo di Carrara), pur nati in fondo dalla sua urgenza espressiva, dalla sua necessità disperata di dare forma a Dio nella materia.

A tal fine l’artista schiva l’affetto di amici e colleghi chiudendosi piuttosto a interrogare Dante, rievocandone ossessivamente i versi a lume di candela come in un rito che schiuda le porte dell’eternità. E quando infine rimane davvero del tutto isolato, cacciato anche l’ultimo aiutante, con la mente raggiunge finalmente il Sommo Poeta, a cui strappa forse l’unico consiglio possibile: “Ascolta”.

Guardando con occhi nuovi le meraviglie naturali attorno a sé, Michelangelo sembra allora poter ri-attingere pienamente alle fonti della sua creatività. A tutto il suo furore espressivo ultimamente frenato dall’orgoglio e dalle contingenze economico-politiche, quindi sfociante nell’autodistruzione. Tanti dei suoi capolavori più celebri sono ormai prossimi a prendere vita. Ritraendo un quadro storico verosimile senza stereotipi o grandi verità preconcette, eppur mostrando l’universale tensione drammatica tra artista, società e natura, Il peccato è un ottimo esempio di film storico. Končalovskij ha trovato un giusto equilibro tra il lavoro dissacrante dello storico e le esigenze drammaturgiche di un’opera d’arte; ha sottratto Michelangelo al mito non per svilirlo, ma anzi per dargli spessore, sia pure problematico. Per mostrarcelo più da vicino come un uomo nella sua interezza. Una canaglia, certo, ma divina.

ARTICOLO DI ADRIANO di NUZZO

Adriano di Nuzzo (1996) è nato a Roma, dove vive e studia. Ha una laurea in Storia contemporanea (La Sapienza) con un master di II livello in Comunicazione storica (Roma Tre).

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