Ettore Bassi chiude il Festival Chiostri e Inchiostri 2024 a Noci con il reading “Marco, un giovane sognatore”

Ma io voglio che voi sappiate che poi che Iddio fece Adam nostro primo padre insino al dí d’oggi, né cristiano né pagano, saracino o tartero, né niuno uomo di niuna generazione non vide né cercò tante maravigliose cose del mondo come fece messer Marco Polo. E però disse infra se medesimo che troppo sarebbe grande male s’egli non mettesse in iscritto tutte le maraviglie ch’egli à vedute, perché chi non le sa l’appari per questo libro. E sí vi dico ched egli dimorò in que’ paesi bene trentasei anni; lo quale poi, stando nella prigione di Genova, fece mettere in iscritto tutte queste cose a messere Rustico da Pisa, lo quale era preso in quelle medesime carcere ne gli anni di Cristo 1289. (M. Polo, Il Milione, a c. di Valeria Bertolucci Pizzorusso. Milano: Adelphi, 1975)

Ettore Bassi è molto amato dai giovani spettatori: lo dimostra l’affetto con cui viene accolto dai volontari nocesi di Chiostri e Inchiostri al termine di Marco, un giovane sognatore, il suo reading dedicato a Marco Polo del quale quest’anno ricorrono i 700 anni dalla morte. Tutto il Festival di mezza estate, come ricorda il suo direttore Piero Liuzzi, è dedicato al mercante e ambasciatore della Repubblica di Venezia come mostra anche il visual grafico della manifestazione firmato da Nicola Genco.

In effetti, il pregio della lettura di Bassi è nella sua capacità di servire il testo che è impostato secondo le regole, oggi solitamente trascurate (per non dire ignorate deliberatamente e persino con sufficienza), della didattica del teatro. La sua interpretazione, cioè, si basa su un uso della voce, calda e robusta, che è consapevole della necessità di offrire agli spettatori le dinamiche interiori dei personaggi mantenendo chiara la linea narrativa. Marco, un giovane sognatore ripercorre con una scrittura lineare, ma assolutamente efficace, la storia di Polo dal suo punto di vista: Marco scopre e fa scoprire agli spettatori non soltanto luoghi impervi e perigliosi, ma anche (e soprattutto) le molteplici possibilità di meraviglia che si celano oltre i deserti (oltre, quindi, le reciproche e rispettive solitudini).

Finalmente riunitosi al padre e allo zio, Marco riparte con loro per tornare da Kublai Khan e tocca Gerusalemme prima di spostarsi nell’Oriente della seta e della giada dove si fermerà per trentasei anni. Calco del Milione, il monologo di Bassi si concentra sulle storie che emergono dall’esplorazione e dal delicato compito di ambasciatori assunto dai Polo: sono le relazioni con l’alterità la vera meraviglia, la scoperta di culture altre, di pensieri, di volti e corpi altri.

Chiostri e inchiostri non avrebbe potuto chiudersi in modo più coerente se non con la toccante interpretazione di Bassi che, accompagnato dal fisarmonicista Francesco Galizia, rende l’entusiasmo del giovane Marco che parte pieno di curiosità e che, una volta tornato, si confronta persino con la prigionia scontata nelle carceri di Genova (veneziano sconfitto forse proprio nella battaglia di Curzola). Nel gelo e negli stenti, invece di chiedere cibo e coperte, Marco ottiene dalle sue guardie inchiostro e carta: qualche secolo dopo, Antonio Gramsci, il grande intellettuale antifascista fondatore del Partito Comunista incarcerato dal Regime, testimonierà la propria resistenza nello stesso modo, continuando a studiare e, soprattutto, a pensare un ordinamento del mondo per preservarne la meraviglia. Ma Polo poté morire a settant’anni e libero, ben diversamente da Gramsci, e l’anno di carcere a Genova lo passò in compagnia di Rustico da Pisa, il cantastorie che custodì le sue memorie, quelle che noi oggi possiamo leggere nel Milione.

Bassi si offre alla storia rimanendo un passo indietro, senza cedere a virtuosismi autocelebrativi, con una misura che giova alla fruizione e, pertanto, alla ricaduta didattica della proposta culturale.

Chiostri e inchiostri dimostra una vocazione preziosa, non soltanto perché intende promuovere la lettura nella comunità di Noci e in Puglia, ma perché i suoi organizzatori sentono il dovere, etico e civico, di offrire ai giovani la possibilità di conoscere affinché possano autoeducarsi, cioè scegliere, in autonomia e coscienza, se vogliono preservare la meraviglia dell’alterità nel mondo o se vogliono contribuire alla sua dissoluzione.

Ma, persino incarcerato, chi ha conosciuto la bellezza della Diversità (e ha imparato a esserne parte attiva, con puro entusiasmo) difficilmente potrà mai accettare di privarsene e di privarne gli altri.

ARTICOLO DI IRENE GIANESELLI

FOTO © COSIMO FORINA

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