A Noci per Chiostri e Inchiostri, il Festival di mezza estate diretto da Piero Liuzzi giunto quest’anno alla quinta edizione, Lino Guanciale ha donato alla comunità una meravigliosa testimonianza di come l’amore tra due persone (un fatto privato) possa creare incanto e diffondere cultura per tutte e tutti (in una dimensione pubblica): l’attore ha infatti raccontato che è stata sua moglie, Antonella Liuzzi, a fargli conoscere Ferrovie del Messico (Laurana Editore 2022), il romanzo di Gian Marco Griffi candidato alla LXXVII Edizione del Premio Strega. E Lino Guanciale ha deciso di presentarlo alle 23.30 in forma di reading con l’autore a Largo Rotolo che trabocca di sguardi e di volti, di varie generazioni, curiosi e attentissimi.

Proprio oggi che la formula “attore in scena con leggio” sembra essere troppo spesso un pretesto per proporre “prodotti” d’occasione strutturati con superficialità (lo sappiamo, oggi si ha la smania di svendere tutto e pure il teatro non sfugge alle logiche del mercato), Lino Guanciale propone una lettura scenica impeccabile: i brani scelti dal romanzo lo valorizzano e rendono al meglio il tessuto della narrazione, l’accurata scelta del commento musicale restituisce (da Maramao perché sei morto, passando per Cielito lindo, fino a Messico e nuvole di Jannacci) a pieno l’ambientazione delle vicende che si muovono tra Asti e la Repubblica di Salò, tra gli anni Venti e Trenta del Novecento. Anche la scelta di dialogare con lo scrittore e di lasciare a lui il compito di guidare gli spettatori con la propria voce nei brani in cui è il narratore a condurre il gioco, si rivela gustosa.

Lo spettacolo è brillante, compaiono evocati dall’attore Cesco Magetti, il milite della Guardia nazionale repubblicana ferroviaria e il suo mal di denti, l’antagonista orrido e viscido, l’Obersturmbannführer Hugo Kraas a cui Cecco deve fornire una mappa delle ferrovie del Messico. E poi la letteraria fanciulla amata dal soldato, Tilde Giordano e Firmino (all’anagrafe Firmato Lasagna), l’amico di sempre del protagonista. La lingua di Griffi riprende una tradizione che si rifà ai modi e alle forme di Carlo Emilio Gadda e Paolo Volponi, ma anche di Gabriel García Márquez e di Laurence Sterne e Guanciale è abilissimo nell’esaltarne il tono malinconico e ironico che, come lui stesso fa notare nell’introduzione al reading, ricorda persino un certo Ennio Flaiano (al quale, infine, non ci sembra del tutto fuori luogo aggiungere Elsa Morante).
Una grande prova d’attore che si apre in una notte fresca per una comunità in ascolto: una testimonianza di come Socrate non avesse torto nel preferire la grazie dell’oralità alla scrittura. Nessuna storia scritta sulla carte è davvero viva, sembra suggerire Guanciale con il suo impegno, se non passa attraverso il corpo di un attore in scena.

