Stupri: Educazione fisica

Davvero siamo così distratti da non vedere la violenza nei giovani e nelle loro famiglie, nel vicino di casa, nel datore di lavoro? Davvero nessuno ha parlato, scritto libri, saggi, racconti, girato film, cantato canzoni sulla violenza nella quale quotidianamente siamo coinvolti? Davvero siamo tutti andati a letto presto (come Noodles interpretato da De Niro in C’era una volta in America), e non c’è capitato di guardare e vedere come i ragazzi stanno tra loro quando affollano le strade delle città (non solo le periferie: anche le vie “bene”). Davvero non li vediamo, i ragazzi, quando sono a scuola? Davvero non sentiamo i loro discorsi all’uscita, nei corridoi, in classe, non vediamo i loro atteggiamenti, non sappiamo cosa provano e perché? Davvero non sappiamo cosa ne pensano i genitori, come li hanno educati, come reagiscono ai richiami (quando ci sono) degli insegnanti? Davvero non sappiamo di essere tutti colpevoli e complici?

Il 16 marzo 2023 è uscito un film, un regista giovane, attori talentuosi di cui emerge tutto l’impegno (Giovanna Mezzogiorno, Claudio Santamaria, Sergio Rubini, Angela Finocchiaro, Raffaella Rea), una sceneggiatura solida (Fratelli D’Innocenzo), la scelta di non cedere al localismo o al regionalismo facendo parlare gli interpreti senza particolari inflessioni, l’impianto straniante perché metaforico che fotografa il presente efferato e a-morale. Questo film viene presentato alla Festa del Cinema di Roma, ma è bollato come “inverosimile” perché mette in scena, nella palestra di una scuola, l’incontro di una preside con i genitori di tre studenti che hanno ripetutamente stuprato la loro compagna di classe tredicenne. “Lo hanno fatto una volta, l’hanno fatto una seconda volta, lo farebbero una terza volta” insiste la preside che vuole denunciare. Come reagiscono i genitori? Accusando la vittima, scatenando la loro violenza contro la preside. I loro bambini non possono avere fatto nulla di male. Il film è Educazione fisica, ha una quantità inverosimile (questa volta, sì) di recensioni negative che si chiedono andreottianamente per quale ragione si debba mai fare un film così cupo e negativo (accuse simili, Andreotti le rivolse a Umberto D di Vittorio De Sica).  Il cinema dovrebbe essere uno strumento nelle mani dei registi per educare la società. Che lo si voglia o no, le parole, le immagini, hanno un significato, fanno parte della pedagogia della realtà: possono proteggere, distruggere, ferire o offrire una alternativa. Perché, però, quando si vuole mettere in discussione la realtà e raccontare ciò che accade senza cedere alla tentazione delle facili scene morbose, i giovani registi devono sentirsi rispondere che non è importante un film cupo e negativo (cioè, che non fa ridere, non intrattiene)?

Palermo, Caivano: adesso che sapete, avete ancora voglia di ridere? Avete ancora voglia di ridere quando gli stupratori scrivono sui social #nonhofattonulladimale, quando i genitori accusano le vittime di essere solo delle puttane, e quando gli opinionisti si permettono di dire che le donne se la vanno a cercare? Avete ancora voglia di ridere, spensierati, quando le vittime pensano di suicidarsi?

Ci si domanda, nel silenzio imbarazzante di tutti, se certa critica non si sia comportata con la realtà esattamente come i genitori che negano le proprie responsabilità educative, come gli insegnanti che hanno rinunciato al loro ruolo, schiacciati nell’ombra dalle famiglie, come tutti quelli che si voltano dall’altra parte davanti alla violenza, come chi si limita ai proclami dalla spiaggia (siamo al mare, fateci rilassare, poi ci pensiamo a un programma di ri-educazione per la società, poi ci pensiamo alla scuola). Sono cose tra ragazzi: devono fare esperienza.

Bene, l’esperienza ora c’è, è atroce. Ma vogliamo parlarne? Vogliamo finalmente dirci che la colpa non è delle vittime, ma del sistema omertoso che abbiamo permesso nascesse nelle dinamiche familiari e sociali? Vogliamo finalmente prendere una posizione, scegliere da che parte stare quando una donna viene stuprata? Vogliamo usarla, finalmente, la parola stupro senza vergognarci di pronunciarla come una volta ci si vergognava di dire “cancro”? Vogliamo smetterla di misurare i secondi per scagionare i molestatori? Vogliamo farla finita, una volta e per sempre, con il gioco del “a me è successo di peggio, che vuoi che sia”? Vogliamo smetterla con l’ipocrisia, tanto delle donne, quanto degli uomini, che pontificano e giudicano e marchiano a fuoco il prossimo e la prossima solo per scagionare sé stessi e i propri figli o amici? Vogliamo, finalmente, provare vergogna per tutte le violenze psicologiche o fisiche alle quali non ci siamo opposti? Vogliamo finalmente denunciare cosa non funziona nel sistema educativo e sociale?

Stefano Cipani, il regista del film, vorrebbe portare Educazione fisica nelle scuole, ma non è certo di riuscirci, anche per motivi distributivi. Ci sono docenti che vogliono proporre il film ai loro studenti, ma ci saranno anche quelli pronti a opporsi, insieme ai genitori, naturalmente, perché guardare un film non basta: prima ci si deve preparare, poi bisogna discutere, e a lungo, di cosa si è visto e perché. I nostri bambini non fanno nulla di male. Siamo brava gente.

E allora, come disse Nanni Moretti, Sogni d’oro!

ARTICOLO DI IRENE GIANESELLI 

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.